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Sacralità del giardino. Parco di paradisi

    Originariamente pensato per esser realizzato in Sardegna, il progetto nasce come un Parco di paradisi. Caleidoscopio di quelli immaginati da varie credenze, religioni e culture di tutto il mondo in un’ideale metapercorso simbolico botanico-paesaggistico, dove il convergere di sogni e visioni di un’artista e di un filosofo si misurano in un corpo a corpo serrato con le dialettiche e le pratiche di un’estetica di progetto. Capaci di farse, nel volume che li racconta, indicazione metodologica (Un’estetica di progetto, Franco Angeli, pp. 208, € 39).

    Pittore, incisore, autore di installazioni, giovane sodale della cerchia di Aragon, a partire dalla seconda metà degli anni settanta Gianni Burattoni lavora sul tema del nascosto e dell’invisibile in giardino e da oltre dieci anni si dedica nei Pirenei a interventi effimeri camuffati dagli stessi luoghi, abbandonati poi al loro destino, giardini destinati a eroi, ninfe, divinità. Ora, mette in figura le intuizioni e il ragionare filosofico di Massimo Venturi Ferriolo, a lungo docente di estetica al Politecnico di Milano e gran maestro della riflessione sui temi del giardino e del paesaggio, specialmente nella loro dimensione archetipica.

    In un gioco di interpolazioni reciproche e rilanci incrementali si dispiega l’idea di recuperare la trama di una sacralità diffusa, fonte di reverente stupore, invito all’immaginario del sogno (nel disvelamento di Fernando Pessoa della morte non tanto degli dei, ma della nostra facoltà di vederli).

    Il paradigma e la memoria dell’antico, ampliati a ritroso anche nei tempora ignota, si sviluppano in un’estetica epigrafica neoclassica e neo arcadica che si rifà al modello del giardino di Little Sparta creato in Scozia da Jane Hamilton Finley. Nell’esedra, dove il tema d’ingresso della nostalgia del paradiso è evocato

    dalla presenza di passi incisi su pietra di Goethe, Esiodo, Novalis, Shiller, Voltaire, e così pure nell’altro snodo del teatro con gradinate vegetali, sempre permeato dalla scrittura, nel Belvedere con parapetto inciso di didascalie, nella serie,ancora, di parole-memento che spiccano incise su una serie di sottili piastre ad anello in verderame incurvate attorno a tronchi di pini, così come anche nella resa spaziale di un sarcofago ispirato al quadro di Poussin, Et in arcadia ego, con ruderi architettonici che spuntano da terra e voci recitanti,

    Perduti nella foresta dove si incontrano i diversi paradisi messi in forma, le suggestioni vanno dal giardino come kepos, forza vitale del grembo fecondo, della grande madre, dea natura dai molti nomi – con un apposito percorso di sagome policrome perforate al laser – al giardino mariano; dal paradiso delle idee a quello botanico progressivo con il suo erbario dei semplici; dal parco iranico in miniatura del paradiso di Ciro al giardino dei sumeri di Gilgamesh, con sagome specchio appese ai rami degli alberi da frutto, colorate e mobili

    Giardino degli dei di Gilgamesh

    Trascorrendo nella varietà di invenzioni botanico paesaggistiche, incontriamo il disegno con arabeschi e fontane dei sumeri, quello del cerchio di pietre del Bora ring australiano, il dispositivo di luce infinita nel paradiso dello zoroastrismo di Ahura Mazda, la dimensione plurima di quelli dell’induismo. Il boschetto di melograni di Iside, di meraviglie tra luci e penombre di Alcinoo, quello solare degli aztechi dove le anime dei guerrieri finiscono trasformate in uccelli e farfalle.

    L’ineffabile di un’antica idea della natura vien rivisitato però in una dimensione contemporanea che si palesa nell’ardimentoso ricorso a colori accesi e nelle soluzioni di allestimenti che spiccano nel comporsi di luci e ombre sulla trama vegetale. In dialogo con una modernità che, superando ogni antropocentrica logica di separatezza, veda tornare il giardino a esser luogo di interrelazione, anche politica, tra viventi. Dell’umano incluso, capace di farsi custode di quel paradiso reale che – spesso malgrado sé – resta il nostro pianeta.

    Massimo Venturi Ferriolo e Gianni Burattoni, Un’estetica di progetto, Franco Angeli, pp. 208, € 39